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«Sì. Appena possibile farò il concorso.»
Il rituale consolidato comporta la pennichella del dopopranzo, stavolta
maggiormente giustificata dal fatto che da Luigino si sono lasciati andare un po
troppo, anche col vino.
Appena entrano nella villa sentono squillare il telefono. Va a rispondere Giulia.
«Lo sapevo che vi avrei trovato a Monticello!»
«Ciao, Andrea.»
«Senti, se Anna e io venissimo a trovarvi vi disturberemmo molto?»
«Ma figurati! Però noi dobbiamo rientrare domani sera.»
«Anche noi.»
«Allora, nessun problema.»
«Al massimo alle sette siamo lì.»
Giulia non ha avuto bisogno di consultarsi con Fabio per rispondere di sì alla
proposta di Andrea.
Quando entra nella camera di Fabio per avvertirlo dell arrivo degli amici, lo trova
già a letto. Fabio ha una sola reazione.
«Questo significa che più tardi bisognerà tornare a fare la spesa. Quello che
abbiamo comprato non basta.»
«Posso dormire con te?» domanda Giulia.
«Certo» risponde Fabio spostandosi più che può verso il muro per farle posto nel
letto a una piazza.
Pure il professore Bernardini vuole festeggiare la laurea di Rena.
E a ragione, perché della tesi non è stato soltanto il relatore, ma anche il vero, e
segreto, autore.
La loro storia è cominciata il giorno nel quale Rena gli si è presentata per dirgli che
aveva intenzione di fare la tesi nella sua disciplina.
Già dalle prime domande, Bernardini si rende conto che quella splendida ragazza
di diritto costituzionale ne capisce quanto una cozza e si domanda come abbia fatto
ad arrivare fino alla soglia della laurea.
La risposta non è difficile darsela, basta vedere come sa mettere in mostra le tette,
come muove i fianchi, come tiene semiaperta la bocca lasciando spesso intravedere la
punta rosea della lingua.
E quegli occhi così verdi, poi, che sembrano promettere gratitudine e
riconoscenza!
Tre giorni appresso, dopo avere per un po tergiversato, Rena accetta di andare a
cena col professore. Beve molto. E così si ritrova nuda sul letto dello scannatoio che
Bernardini condivide con un suo collega. È lì che è stata elaborata alquanto
faticosamente la tesi, perché Rena, anche quando si siede al piccolo tavolo per
scrivere quello che il professore le detta, se ne resta nuda. E Bernardini purtroppo si
distrae con facilità.
«Veramente proprio stasera, tu capisci, papà e mamma volevano... solo noi tre,
capisci...? Facciamo domani?»
Ma l indomani è giovedì. A lui invece l uso dello scannatoio tocca i giorni dispari.
«Ma domani è pari!» esclama infatti il professore.
Rena è al corrente del meccanismo dei pari e dei dispari, ci si è dovuta adattare, ora
ha fatto solo finta di scordarsene. Questo Bernardini bisogna cominciare subito a
levarselo dalle scatole.
«Guarda, Silvio, facciamo così. Cercherò in tutti i modi di liberarmi. Ti chiamo
verso le cinque. D accordo?»
«E se non puoi, come restiamo? Ci vediamo venerdì?»
«Senti, ora come ora per venerdì non so dirti se sarà possibile. Ti telefono,
d accordo?»
Naturalmente, suo padre e sua madre non hanno organizzato un bel niente per
quella sera. La festa per la laurea è prevista per la domenica che viene. Anche
Bernardini è stato invitato.
«D accordo» dice a malincuore il professore.
È perfettamente cosciente che da ora in poi non avrà più nessun pretesto per stare
con lei tre volte alla settimana. E infatti, venendo a mancare la necessità, è evidente
che da subito Rena sta tentando di diradare i loro incontri.
Ma a Bernardini quella ragazza gli è entrata nel sangue, non gli capitava da anni, sa
che per lui sarà molto, ma molto difficile non averla più. E spera che almeno quella
sera...
Appena esce dalla sua stanza, s imbatte in Colloredo, il collega col quale condivide
lo scannatoio.
«Venivo da te. Ti devo parlare.»
Bernardini guarda l orologio. È quasi ora di pranzo.
«Senti, mia moglie...»
«È molto importante» taglia il collega.
Sono andati a fare il supplemento di spesa, sono tornati, Fabio ha acceso il
caminetto non perché faccia tanto freddo ma perché gli piace. Davanti al caminetto, a
poca distanza, in modo che il calore non arrivi eccessivo, stanno un divanetto e due
poltroncine. Da lì si può comodamente vedere il televisore.
«Vuoi sentire il telegiornale delle sette?» domanda Giulia prima di sedersi sul
divano accanto a Fabio.
«No.»
Non ha voglia di voci e rumori. Ha scoperto di saturarsene assai presto nel corso di
una giornata. Fuori c è già il silenzio totale. Per fortuna nel parco non c è nessun cane
da guardia. Non l ha detto a Giulia, ma la notizia della venuta dei due amici gli ha
dato un certo fastidio.
«Da Destefani qualcuno comincia a guardarmi strano» dice Giulia.
«Perché?»
«Siccome hanno capito che non ho né un fidanzato né un amante e che non intendo
averli, dopo un po si sono convinti che fossi lesbica.»
Ride. Fabio pure.
«Giovanna una delle tre segretarie, che invece lo è, lesbica, si è però affrettata a
dire a tutti che io, secondo lei, non lo sono. E perciò, non potendomi considerare né
carne né pesce, mi guardano strano e continuano a farsi domande e a farmene più o
meno velatamente.»
«Un modo per metterli a tacere ci sarebbe» dice Fabio.
«E quale?»
«Dì loro che sei dell Opus Dei.»
«Ma è un idea splendida!» dice Giulia ridendo.
E poi, tornata seria, dopo una pausa:
«Voglio invecchiare presto, diventare brutta, così nessuno mi romperà più le
scatole con questa storia.»
Fabio l abbraccia e Giulia gli si avvicina di più fino a poter poggiare la testa sulla
spalla di lui. Fabio allora le dice:
«La sai una cosa? Ieri, a pranzo, papà mi ha tenuto un discorsetto. La sostanza era
che è felice che mi sia laureato e che spera d essere ancora più felice il prima
possibile, quando io cioè gli dirò d aver trovato una brava ragazza da sposare. E giù
un interminabile panegirico del matrimonio. L unica cosa divertente è stato guardare
intanto mamma.»
«Che ha fatto?»
«È diventata impacciata, un po arrossata in faccia, ha fatto cadere due volte la
forchetta a terra, ha rovesciato il bicchiere col vino e non ha mai alzato gli occhi dal
piatto. Poi a un certo punto papà ha portato ad esempio il suo matrimonio. Povera
mamma! Ho provato una grande pena per lei!»
«Io invece gliel ho detto esplicitamente, a mamma.»
«Che cosa?»
«Che non mi sposerò mai. Che gli uomini mi fanno orrore.»
«E lei?»
«Che volevi che rispondesse? È impallidita e se ne è andata.»
«Senti, ti va di dirmi ancora una cosa a proposito di... un dettaglio... non ho capito
come andò.»
«A te credo d avere raccontato tutto.»
«Sì, ma non m è rimasto chiaro... Fosti tu a dire a tua madre quello che ti stava
capitando?»
«Sì, ma dopo due anni che la storia andava avanti. Però mamma non mi credette.
Perse il controllo, mi diede anche uno schiaffo. Lo riferì a papà. E papà mi
rimproverò aspramente perché m inventavo cose cattive. Disse che il diavolo si era
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