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detto che non potrò alzarmi prima di otto giorni, utiliz-
zerò questo tempo nel farti il mio racconto. Oggi non lo
potrei, ti scrivo con molta fatica.
Se sapessi quanto mi è caro il tuo fazzoletto; lo tengo
sempre sul cuore, dormo con lui; ho qui ancora i fiori
che tu hai baciato; e alzando un poco la testa posso ve-
dere la sedia su cui ti sei seduto: vi ho fatto metter sopra
un mio abito perché non vi si segga piú nessun altro. Oh
mio Giorgio, mio adorato! mio mio! È egli vero?
Non posso scriverti di piú, mi duole il braccio; e poi
non so nemmeno se potrai decifrare i miei caratteri. So-
no felice e ti adoro, ecco tutto, non potrei dirti altro. Ie-
ri, mentre salivi la scala, ho sentito la tua voce. Dio, che
spasimo! Amami, Giorgio, amami. Il tuo cuore non ha
che a pensare all immensità della mia miseria per trova-
re in sé la forza di amarmi.
Voglio avere un altro oggetto toccato da te, ho biso-
gno che tu mi dia qualche altra particella della tua per-
Letteratura italiana Einaudi 105
Iginio Ugo Tarchetti - Fosca
sonalità. Ti acchiudo un mio piccolo nastro, bacialo e ri-
mandamelo.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ho passato tutto il giorno a sognare, e perciò non ti
scrivo che stasera. Ho avuto caro che oggi abbia piovu-
to. Una volta la pioggia mi metteva malinconia; adesso
mi rallegra. Forse perché ora sono felice, mi piace che la
natura sia malinconica? Non lo so. Quando si è felici si
amano i piccoli dolori e le piccole contrarietà  forse per
ombreggiare meglio le nostre gioie e per darvi un risalto
maggiore.
Devo dunque parlarti di me? scriverti qualche cosa
della mia vita? Non so come incominciare.
Quando era piccina aveva un abitudine comune a tut-
ti i fanciulli, e di cui veniva rimbrottata assai spesso.
Chiudeva gli occhi, e vellicandoli leggermente col rove-
scio della mano, vedeva dei ghirigori, delle scintille, de-
gli oggetti d ogni forma e d ogni colore, delle figurine,
ma tutte in modo confuso, intricato, variabile. Mi succe-
de ora intellettualmente lo stesso fenomeno, se tento di
affacciarmi alle memorie del mio passato.
E sí che il mio passato fu assai povero di tutte quelle
gioie che formano ordinariamente per le donne una cau-
sa di dolci rimpianti  amori, adulazioni, vanità soddi-
sfatte  io ho provato nulla, o quasi nulla di tutto ciò. La
maggior parte degli uomini amano inconsciamente il
passato per la sola ragione che è passato, io credo di
averlo caro per lo stesso motivo.
Io nacqui malata: uno dei sintomi piú gravi e piú
profondi della mia infermità era il bisogno che sentiva di
affezionarmi a tutto ciò che mi circondava, ma in modo
violento, subito, estremo. Non mi ricordo di un epoca
della mia vita in cui non abbia amato qualche cosa. Mi
asterrei dal raccontarti ora alcune particolarità di questa
mia disposizione morbosa, se non fosse che ciò deve
spiegarti le molte anomalie che dovrai riconoscere piú
Letteratura italiana Einaudi 106
Iginio Ugo Tarchetti - Fosca
tardi nel mio carattere. La mia potenza di affettività non
aveva né modi, né limiti; era una febbre, una espansio-
ne, un irradiazione continua; avrei potuto amare tutto
l universo senza esaurirmi.
E parlo di affetti, non di amore, ché a quell età non
avrei potuto sentire altro che affetti; se quel bisogno di
amore fosse perdurato sí violento fino alla gioventú, mi
avrebbe trascinata a qualche eccesso colpevole.
Tutti i fanciulli si affezionano ai primi oggetti che
possiedono, sopratutto alle cose che vivono od hanno
apparenza di vita; ma le loro predilezioni sono superfi-
ciali, mutabili; sono meglio che affetti, un affettuosa cu-
riosità di conoscere. L intensità era invece la maggiore
dote della mia; amava le cose che amano i fanciulli, ma
come le amerebbero gli uomini.
Mi ricordo spesso  e te lo racconto per farti sorridere
 di una piccola sciagura che m accadde a sette anni, e
che mi fu causa di una malattia quasi mortale. Avevo un
micio ed un canarino; erano tutta la mia affezione, non
avrei saputo dire quale amava di piú.  Il micio mangiò
il canarino  immagina tu il mio dolore! Uno l aveva
perduto, l altro non lo poteva piú amare, doveva abbor-
rirlo. Me ne corrucciai tanto, che ne fui malata due mesi.
Non ho mai amato le bambole, aveva avversione a
tutto ciò che non era vivo; amava le piante ed i fiori per-
ché mi parevano cose viventi. Non so dirti ciò che pro-
vava alla vista di un cespo di viole, di un bulbo di giacin-
to, di una pianticella di primule. Le sradicava, e le
tramutava spesso di vaso per averle tra le mani, per ve-
derne le radici, per guardarle bene; se morivano, ne con-
servava gli steli disseccati. Di tutte le sensazioni incerte e
confuse di quella età, questa è stata sempre per me la
piú inesplicabile  questo strano amore che aveva per le
piante. Mi avviene ancora oggi di pensarvi alcune volte,
senza poterne punto comprenderne la natura.
L attaccamento che sentiva per le mie compagne, per
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Iginio Ugo Tarchetti - Fosca
i fanciulli, per le persone di casa, mi era spesso motivo
di grandi tormenti. Esigeva dal loro affetto piú di quello
che era possibile concedermi; quindi quelle contrarietà [ Pobierz caÅ‚ość w formacie PDF ]

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